Si fa presto a dire superfood. Alcuni alimenti contengono sì nutrienti in percentuale superiore rispetto ai cibi comuni, ma una parte dei superfood arriva sulle nostre tavole a fronte di un alto impatto ambientale e di problematiche legate all’eticità.
Quanto è bello sedersi a tavola convinti di combinare la salute al nostro spiccato senso etico. Ma siamo sicuri di poterci lavare la coscienza solamente scegliendo alcuni cibi invece che altri?
Partiamo da qualche esempio. L’avocado è un frutto tropicale ricco di nutrienti essenziali e il suo gusto unico è capace di insaporire molti piatti, grazie anche alla polpa burrosa che lo rende spesso un sostituto vegetale del burro. Di contro, produrre avocado richiede ingenti quantità di acqua, mentre trasportarli dal centro o Sud America in Europa implica rilevanti emissioni di CO2,senza dimenticare che spesso vengono deforestate vaste aree per convertirle in monocolture.
Secondo la FAO, la produzione globale di avocado è più che raddoppiata dal 1993, per via della domanda che aumenta di anno in anno; solo in Italia, il consumo è passato dalle 3.600 tonnellate del 2007 alle oltre 13mila del 2016 (+261%). Si stima che per produrne un chilo servano circa 2mila litri d’acqua, cioè 4 volte in più rispetto alla quantità necessaria per un chilo di arance (secondo i calcoli del Water Footprint Network) e dieci volte in più rispetto a quella che serve per un chilo di pomodori.
In Cile, Paese in cui l’acqua potabile è in gran parte privatizzata, chi gestisce le grandi piantagioni di avocado ha installato sistemi illegali per trasportare l’acqua dei fiumi fino ai campi, causando estrema siccità. A ciò va sommato il trasporto. Per raggiungere l’Europa e l’Italia questi frutti tropicali devono viaggiare per oltre 10mila km. Di conseguenza, si fa ricorso al petrolio come carburante e si provocano importanti emissioni di anidride carbonica in atmosfera. È sostenibile mangiare l’avocado? La risposta è negativa.
Quinoa
Passiamo alla quinoa, graminacea quasi sconosciuta in Italia fino a qualche anno fa, ma diventata uno dei maggiori di cibi di tendenza del momento. Da un punto di vista nutrizionale è ricca di fibre, minerali e proteine, ha pochi carboidrati e zero glutine, il che la rende preziosa soprattutto per i vegani e i celiaci. La sua produzione, però, impatta fortemente sull’ambiente.

Sulle Ande di Bolivia e Perù, dove viene prodotta, vaste aree sono state convertite in monocolture di quinoa destinata a Europa e Nordamerica, con conseguenze negative sia sull’ambiente sia sulle popolazioni locali. Queste ultime hanno da sempre basato la loro dieta sulla quinoa, ora che è destinata all’export è diventata così costosa che per avere l’apporto proteico necessario le persone del luogo, di certo non ricche, devono ripiegare su cibi economici di bassa qualità. Per produrre quantità di quinoa capaci di soddisfare la richiesta crescente, inoltre, si è iniziato a far largo uso di fertilizzanti e concimi chimici, per giunta i terreni si impoveriscono e diventano sempre più aridi e sempre più inadatti alla biodiversità.
Soia
Concludiamo con la soia, legumeormai utilizzato quasi ovunque come ingrediente base dei prodotti imitativi della carne, del latte e dei suoi derivati. Come ricorda la divulgatrice scientifica Susanna Bramante nel libro “La soia: fa bene o fa male?”, i fagioli di soia subiscono numerosi trattamenti chimici e meccanici – per diventare ad esempio un hamburger – che distruggono il suo valore nutritivo le proprietà benefiche iniziali, ossidano i grassi e abbattono proteine, vitamine e minerali. L’aggiunta di additivi, dolcificanti, addensanti, emulsionanti, coloranti, sale e grassi perfezionano il gusto della ricetta.

Come per gli altri alimenti, della soia non si dovrebbe abusare. La principale controindicazione è legata alla presenza in questo legume di alcuni fitoestrogeni, che potrebbero andare a stravolgere l’equilibrio della tiroide e di alcuni organi. Su questa questione da anni ci sono pareri controversi, secondo una parte della comunità scientifica sarebbe meglio evitare di consumare regolarmente soia, secondo un’altra invece un consumo non eccessivo (2-3 volte a settimana) non comporta rischi. Di certo è meglio prediligere la soia fermentata e dunque alimenti come la salsa di soia, il tempeh, il natto e il miso.
Sostenibilità reale
Tutto ha un impatto sull’ambiente, inclusi i superfood che vengono da lontano. Si può scegliere di seguire una dieta vegana per motivi etici, ma di sicuro non legati all’ambiente. La sostenibilità dovrebbe riguardare il nostro stile di vita in toto: dal prendere i mezzi pubblici invece dell’auto al comprare prodotti locali, dal risparmiare energia in casa e sul posto di lavoro al preferire capi e oggetti riciclabili, dal fare una corretta raccolta differenziata al non sprecare cibo, la sostenibilità riguarda ogni aspetto della nostra quotidianità. Illudersi che si limiti alla tavola può risultare ingenuo, o fuorviante.
Anna Simone