Esiste anche il “mal di montagna”: è causato dalla rapidità con cui si raggiunge una quota elevata, dall’altezza raggiunta e anche dalla quota in cui si trova la zona scelta per il riposo notturno.
Visto che siamo in piena estate e molti di noi hanno scelto l’alta montagna come meta per passare il periodo di vacanze è bene non sottovalutare la cosa.
Soggiornare a quote elevate può rappresentare un problema per il nostro organismo che deve affrontare: la riduzione del tasso di ossigeno, le attività fisiche cui non è abituato e le basse temperature.
Ormai si possono raggiungere direttamente con l’aereo località in alta quota, per turismo (Perù, Bolivia, Nepal), o trekking (Kilimangiaro, Ande peruviane, Himalaya) senza un’adeguata preparazione.
La tollerabilità dell’alta quota dipende anche dalle nostre condizioni fisiche, ma questo schema aiuta:
0-3.000 metri: si è nella “zona indifferente”, i soggetti sani quasi non avvertono la diminuzione di ossigeno;
3.000-5.000 metri: è un’altitudine ben tollerata soltanto da soggetti allenati e alpinisti, ma è necessaria un’acclimatazione;
5.000-7.000 metri: è un’altitudine tollerabile con difficoltà e soltanto dopo l’acclimatazionee si può raggiungere solo dopo aver soggiornato ad altitudini inferiori in precedenza;
più di 7.000 metri: è la “zona critica” dove soltanto individui ben allenati e sani possono soggiornare per tempo limitato dopo acclimatazione.
Prevenzione
“La prevenzione del mal di montagna – si legge tra i consigli del SC Malattie Infettive e Tropicali I, ospedale Amedeo di Savoia di Torino ̶ si basa sull’acclimatazione, cioè sull’adeguamento alle condizioni dell’alta quota, così da indurre un senso di benessere fisico e psichico a riposo e da permettere di compiere sforzi muscolari di un certo grado senza stancarsi e recuperando rapidamente le forze.
Le quote elevate devono essere raggiunte salendo gradualmente e durante i primi giorni le attività fisiche devono essere moderate. Quando si superano i 2.500 metri, la regola generale è di non salire e soprattutto di non dormire a quote superiori di 600 metri rispetto a quelle di soggiorno nelle 24 ore precedenti; ogni ulteriore salita di 600 metri dovrebbe richiedere 24 ore di acclimatazione”.
Anna Simone